Io sono una di quelle persone che ama il Natale. Quando dico amo, intendo veramente voce del verbo amare, o anche come direbbe il dizionario: sentire e dimostrare amore per qualcuno, nelle varie accezioni che può avere la parola amore.
Lo amo così tanto che lo aspetto tutto l’anno, e al primo freddo immagino già alberi giganteschi pieni di decorazioni stupende, regali, lucine ovunque, mercatini. Ma soprattutto al primo freddo immagino già piatti di tortellini, passatelli fatti in casa dalla mamma con il brodo quello buono, pandori, creme allo zabaione, fondute di cioccolata.
Il Natale in famiglia LaCocchi è una cosa molto seria: si festeggia la vigilia e si mangia pesce, si festeggia il 25 e si mangia la carne, e si festeggia il 26 e si mangiano gli avanzi e si gioca a Monopoli. In famiglia LaCocchi il Natale è anche sinonimo di vino buono, casa e freddo. Non ne abbiamo mai passato uno al caldo, niente viaggi ai tropici, a noi piace il freddo. Il gelo. La neve. I maglioni di lana e i pandori lasciati a scaldare sul termosifone.
Il giorno di Natale la Giovanna prepara tutti i piatti che io sogno dal 26 dicembre dell’anno prima al 25 dicembre dell’anno dopo: tortellini o passatelli con il brodo. Faraona arrosto e bollito con le salse, le patatine arrosto e vari ed eventuali contorni. E poi il Monte Bianco, ovvero una montagna di cioccolato, panna e meringhe che rende tutti più buoni.
Non ho mai mancato un Natale in vita mia, nemmeno quando stavo nella gelida Albion pagata il minimo sindacale con le pezzette al culo a fare gin tonic a tutti, e mai e poi mai avrei pensato di saltare un 25 dicembre in famiglia.
Poi è arrivato il 2016. Ed è arrivato anche il primo Natale da affrontare dall’altra parte del mondo.
La sto prendendo di merda molto bene comunque. Sono molto aiutatemi portatemi via venitemi a prendere felice di questa novità che mi attende, il Natale al caldo. Il Natale in costume. I quarantadue gradi con l’aria calda dal deserto australiano. Le birre gelide invece dell’Amarone.
Forse parto un po’ prevenuta, dicendo che il Natale al caldo è sbagliato. Prevenuta, ma certamente ho ragione io.
E’ sbagliato perché il caldo non si abbina né con gli abeti né tantomeno con le lucine. Voglio dire, c’è il sole fino alle 9 di sera, cazzo le metti a fare le lucine?
E’ anche sbagliato perché non si abbina con nulla di quello che è il Natale: la cioccolata si scioglie, fa troppo caldo per mangiare il bollito, sudi solo a vedere il brodo, i tortellini con il burro fuso con 35 gradi come minimo ti fanno venire un colpo di calore e poi svieni. Il Natale al caldo non si abbina alle canzoni, tutte parlano solo di freddo e neve e maglioni e camini e qui sotto invece son tutti mezzi nudi. E le decorazioni? Cosa ci metto, un surf invece delle renne sull’albero?
E poi è sbagliato perché invece che bere litri di vino rosso davanti ad un camino con il maglione con le renne, sarò in gonnellina a sciogliermi sotto il sole, rimirando un albero probabilmente fatto di birre, sognando il gelo e mangiando braciole al barbecue.
Tutti mi prendono ovviamente in giro, sembra che questa cosa del Natale ai tropici mandi in crisi solo me, ma so che qualcun altro la fuori avrà di questi problemi, vero?
Mi dicono di che cosa ti lamenti, sarai al sole. Io non voglio il sole, forse non avete capito. Che cosa ti lamenti, al massimo puoi accendere l’aria condizionata, metterla a 10 gradi e fare finta che sia inverno, ahaha. Non fate ridere, ve lo dico. Che cosa vuoi che sia, non te ne accorgerai nemmeno. Ma forse non ve ne accorgerete voi, io me ne accorgo eccome se al posto dei tortellini mi presentano delle ostriche ricoperte di besciamella, io cari miei me ne accorgo.
Ho poi delle domande che mi affliggono, cui faccio finta di non pensare ma più si avvicina il grande giorno più mi prende un po’ di ansia. E allora ho chiesto a quello biondo che vive con me di aiutarmi, ed è andata più o meno così:
No ma cosa mangiate a Natale?
E lui ha risposto: tutto quello che non ti piace. Ostriche. Gamberoni alla griglia e probabilmente il tuo incubo peggiore, il COCKTAIL DI GAMBERI.
Il cocktail di gamberi? Ma cosa siamo negli anni ’80?
Poi qualcuno fa il prosciutto arrosto, ma lo mangiamo freddo.
Cosa vuol dire che lo mangiate freddo?
Eh tipo un panino.
Un panino a Natale? Io non penso di farcela. E le patatine arrosto le avete?
Nah, fa troppo caldo per mangiare cibi caldi. Mangiamo tutto freddo.
CHE COSA VUOL DIRE MANGIATE TUTTO FREDDO E IO CHE CAZZO MANGIO?
Eh non lo so baby sai, ci stavo giusto pensando. Tu non mangerai nulla.
Ha proprio detto così: tu. Non. Mangerai. NULLA. Nulla.
E poi gli ho chiesto scusa un attimo, ma la Vigilia di Natale, noi apriamo i regali tutti insieme, qui cosa si fa?
Eh ci hanno invitato a una festa a casa di questo nostro amico. Sicuramente un barbecue e birre.
Birre e barbecue. Per la Vigilia. Ma lo fate ogni altro santissimo giorno dell’anno, ma una cena no?
Ma dai fa troppo caldo per cucinare.
Dopo aver avuto questa conversazione, che vi posso assicurare mi ha turbato più di quando mi hanno detto che i koala hanno la clamidia, ho pensato ok. Va bene. Se io non vado a casa a Natale, sarà il Natale di casa a venire da me. Perché scusate ma io le ostriche non me le mangio.
Ho quindi costretto tutti a venire a cena per la vigilia. Mi sono fatta mandare l’Amarone dal papà. Ho comprato tre pandori e se non li mangiano gli australiani, me li mangerò io a colazione per i prossimi tre mesi. Cucinerò l’arrosto della mamma e la suocera ha detto che mi farà tanta carne per il giorno di Natale perché così posso mangiare qualcosa che non siano ostriche. O cocktail di gamberi.
Ci sono due cose che non sono riuscita ad aggiustare: la prima è il tempo. Sono previsti 38 gradi a Natale. 38. E poi i tortellini. Non sono riuscita a convincere nessuno a mangiare i tortellini con il burro fuso.
Ma insomma, ce la farò, passerà anche questa. Berrò il mio Amarone con 38 gradi festeggiando il mio primo Natale al caldo, lontana dalla mia famiglia e in costume.
Però davvero, l’anno prossimo andiamo tutti al Polo. Minima -20, massima -18, sciarpe, guanti, mutande di lana e soprattutto 32 kg di tortellini con il burro fuso.
(Buon Natale amici. E buon Natale soprattutto a quelli che non tornano. Perché nonostante tutti gli sforzi, sono certa che il nostro cuore sia un pelo più pesante del solito in questi giorni.)
Vedo che nessun expat ti ha lasciato un commento e allora ci penso io. Sono tre anni che passo il natale fuori casa, prima vivevo a Barcellona e ora nel país Vasco, ma non ho mai avuto la possibilità di tornare. E per quanto la famiglia possa cambiare, persone che non ci sono più o equilibri modificati, le tradizioni sono incise in quelle venature del tavolo di casa tua, nell’odore del brodo che fuma o nel rumore dei pistacchi sgusciati. E creano piccole crepe nel cuore di chi è lontano da ciò che era e che immutabile resiste nella memoria. Un bacio Costanza, lì nel futuro sarai già sopravvissuta a questo periodo di forte malinconia.
Ciao Roberta, avevi ragione: sono sopravvissuta! Ma non mi è piaciuto molto questo Natale al caldo… l’anno prossimo tornerò verso i miei lidi. Spero riuscirai a tornare anche tu. Un bacione.